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MILILLO MANGANO archivio de La Repubblica

BOSS, PITTORE E FILANTROPO

Repubblica — 25 ottobre 1987   pagina 18   sezione: CRONACA 


PALERMO 
A mezzanotte, quando le luci del settimo braccio sono spente e il suo nuovo compagno di cella dorme già da un paio d' ore, lui posa sul comodino un romanzo di Dostojevskij e comincia a dipingere.

Paesaggi dai colori intensi: le campagne assolate di Corleone, i boschi della Ficuzza, le rupi di Rocca Busambra, tutti i luoghi della sua gioventù. Luciano Leggio detto Liggio, il capo della cosca dei terribili corleonesi, a 62 anni ha scoperto l' arte. Dipinge, scrive poesie, studia i filosofi presocratici.

La sua prima personale sarà ospitata il 6 gennaio prossimo alla galleria Marino di via Dante, poi farà il giro d' Italia: Roma, Firenze, Milano. Una mostra itinerante per far conoscere a tutti la creatività di un uomo d' onore rinchiuso all' Ucciardone: i soldi ricavati dalla vendita dei suoi quadri saranno destinati alla realizzazione di un centro di emodialisi nel nuovo ospedale di Corleone.

Il boss dei boss, lo spietato corleonese che trent' anni fa uccise il medico Michele Navarra per prendere il suo posto di capoclan, è diventato così un filantropo. Si è sempre parlato di Luciano Liggio come di un uomo che produce violenza spiega il suo legale, l' avvocato Salvatore Traina ma c' è anche un uomo che produce cultura e forse anche arte.

Il carcere cambia gli uomini: quella di Luciano Liggio è una svolta che nasce da anni di profonda sofferenza. Il capomafia di Corleone, che nel bunker dell' Ucciardone chiamano don Luciano e solo vecchi e fidati amici Lucianeddu, è in carcere da tredici anni condannato all' ergastolo per l' uccisione del dottor Navarra. Una sola condanna definitiva più un' infinità di accuse che, al maxiprocesso di Palermo, l' hanno trasformato in uno degli imputati centrali.

Una lunga barba bianca Una lunga barba bianca, la battuta tagliente, le condizioni di salute che peggiorano di anno in anno: un rene gli è stato asportato e l' altro non funziona come dovrebbe. Per tredici anni ha vissuto in solitudine da un carcere all' altro della penisola. Regime di isolamento, sorveglianza speciale, niente telefonate, l' ora d' aria senza altri detenuti intorno. Da qualche giorno ha invece un compagno di cella: si chiama Gaspare Mutolo, è un presunto trafficante della Piana dei Colli legato al vecchio boss Rosario Riccobono e ad un giro di produttori di morfina tailandesi. Io mi sono battuto molto, racconta ancora l' avvocato Traina perché sono convinto che il carcere a vita sia già una cosa inaccettabile e recentemente il ministero ha accolto le mie richieste revocando quelle misure di sicurezza. Ma l' obiettivo di Luciano Liggio, che soffre anche di disturbi cardiocircolatori, è un altro: ottenere al più presto gli arresti domiciliari e tornare nella sua vecchia casa di Corleone.
Sarà un po' difficile ammettono negli ambienti investigativi la sentenza del maxiprocesso arriverà tra meno di due mesi e Liggio è uno dei principali imputati. Il capomafia debutta con la sua personale il 6 gennaio a Palermo ma l' amore per la pittura è nato qualche anno fa. La scorsa estate, nei primi giorni di agosto, ha scritto al presidente della Corte di Assise Alfonso Giordano: Le chiedo il permesso di tenere in cella una tavolozza e dei colori....
Sono cominciate così le lunghe notti di veglia ricordando Corleone. Rivela il suo avvocato: Non ha mai ritratto una figura umana. Poi, sempre attraverso il suo legale, ha pensato di organizzare una mostra. Contatti, accordi e trattative sono andate avanti per qualche settimana. La galleria dove esporrà il boss è in una zona centrale di Palermo, a due passi dalle palme di piazza Castelnuovo e dal teatro Politeama. Quando si tratta di beneficenza, dice Giuseppe Marino, un simpatico signore che è il titolare della galleria, io sono sempre pronto. No, non ho ancora visto un solo quadro di Luciano Liggio, li vedrò per la prima volta domani in tv e poi penserò tecnicamente a organizzare la mostra.
Questa sera il boss si confesserà davanti alle telecamere di Canale 5. Un' intervista-fiume dove presenterà anche i suoi quadri. Il capo dei capi Per anni riservato e silenzioso, da quando è iniziato il maxiprocesso alle cosche siculo-americane il boss di Corleone si è aperto ai mass-media. Nella sua cella legge un paio di quotidiani al giorno e nel bunker commenta fatti e notizie con i detenuti delle gabbie vicine. Ma chi è oggi Luciano Liggio? E' davvero il capo dei capi o un vecchio boss che non può più gestire grandi traffici della mafia siciliana? Ci sono versioni contrastanti. Per i giudici che hanno scritto l' ordinanza di rinvio a giudizio del maxiprocesso don Luciano è ancora oggi il capo incontrastato. Per altri investigatori è solo un boss che dalla galera non può comandare.
Ma fuori, liberi, latitanti da sempre, ci sono i suoi due luogotenenti, Salvatore Riina e Bernando Provenzano. E sono loro che, secondo tutte le teorie investigative, avrebbero scatenato la più sanguinosa delle guerre mafiose agli inizi degli anni ' 80. Luciano Liggio, in linguaggio mafioso, ama sempre lanciare messaggi anche ai magistrati del bunker: Provenzano? Non lo conosco... Riina è un amico che porto sempre nel cuore. Su una sola battuta (in mancanza d' altro) si costruiscono ipotesi sugli schieramenti mafiosi e si elaborano nuove mappe dei clan. 
Capo o non capo di Cosa nostra, Luciano Liggio resta sempre un personaggio unico nel panorama mafioso, un boss che è riuscito perfino a far litigare pubblicamente ufficiali e alti funzionari dello Stato. Era il 20 maggio del 1964 e Luciano Liggio fu arrestato a Corleone nell' abitazione delle sorelle Sorisi. L' allora commissario Angelo Mangano e il colonnello dei carabinieri Ignazio Milillo litigarono furiosamente per mesi contendendosi la paternità della cattura del grande boss. Fu Luciano Liggio, in aula, a dire la verità: Mi arrestarono i carabinieri. - di ATTILIO BOLZONI